Poeta maledetto che per ripicca scrive solo in prosa, Emilio vanta di non aver parentele di sorta con il più noto (ma meno talentuoso, a suo dire) leader dei Massimo Volume. Scrive poco e (sempre a suo dire) bene. Universalmente riconosciuto come il fondatore (e attualmente unico esponente) del Frammentismo, si è sempre rifiutato di scrivere un libro intero perchè costantemente alla ricerca della perfezione nell'arte dimenticata di scriverne piccoli pezzi.
Chiudere gli occhi senza sbattere la coda dell'occhio funziona sempre meglio che voltarsi e scodinzolarla. Qualunque cosa significhi, funzionare meglio.
Fotografie per cena. Una dieta a base di singoli frame. A volte colorati ma poco calorici. A volte sbiaditi, insipidi, privi di sale. A volte amari, come l'inchiostro.
Tornare con le ruote per terra dopo aver realizzato che il peggio è un carburante che non basta mai. Giocare in difesa con i rimpianti e perdere al novantesimo.
Sorrisi fatti su misura. Un tailler cucito addosso a una bocca aperta. Una bocca cucita per non dire quanto fa male trattenere il fiato in quel bustino stretto.
Una notte fuori dal treno. La stazione e la metropoli è come il gigante e la bambina, come Gargantua e Pantagruel. Solo più umida, come storia. Più smog e meno eroismo.
Tutti i se e i ma messi uno sopra l'altro sulla bilancia. Come se avesse importanza, alla fine dell'esperimento, da quale parte i piatti sono scivolati.
Di quando è sempre la giornata della memoria. 365 giorni di nostalgia venduta al chilo a dei prezzi imbarazzanti. Una cartolina dal lato romantico della Germania.